MACBETTU

di: Alessandro Serra
tratto dal Macbeth di William Shakespeare
con: Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino.
traduzione in sardo e consulenza linguistica: Giovanni Carroni
collaborazione ai movimenti di scena: Chiara Michelini
musiche: pietre sonore Pinuccio Sciola
composizioni pietre sonore: Marcellino Garau
Tecnico della luce e Direzione Tecnica: Stefano Bardelli
Tecnico del suono: Giorgia Mascia
regia, scene, luci, costumi: Alessandro Serra
produzione: Sardegna Teatro, in collaborazione con compagnia Teatropersona, 2017
internet www.sardegnateatro.it
Spettacolo in lingua sarda con sopratitoli in italiano


Alessandro Serra, regista visionario che si sta affermando a livello internazionale, è noto al pubblico di Bellinzona, che ne ha applaudito la scorsa stagione “Il costruttore Solness”. Ora ritorna con un capolavoro assoluto, “Macbettu”, spettacolo che già abbiamo ospitato a Territori 17 e che siamo lieti di proporre ora al pubblico della stagione teatrale. Da quell’estate di quasi tre anni fa “Macbettu” ha fatto tanta strada, ora sta girando il mondo, ha ormai superato le 200 repliche e ha fatto incetta di premi fra i più prestigiosi (fra cui l’Ubu 2017 come Spettacolo dell’anno e Le Maschere 2019 per il Miglior spettacolo di prosa). E ha reso inconfondibile la cifra stilistica di Serra, fatta di materiali essenziali, suggestivi paesaggi sonori e ambienti dalle mille sfumature di grigio.
In partenza l’idea di Serra è stata sempliche: il Macbeth di Shakespeare recitato in sardo e, come nella più pura tradizione elisabettiana, interpretato da soli uomini. L’idea nacque nel corso di un reportage fotografico tra i carnevali della Barbagia. I suoni cupi prodotti da campanacci e antichi strumenti, le pelli di animali, le corna, il sughero. La potenza dei gesti e della voce, la confidenza con Dioniso e al contempo l’incredibile precisione formale nelle danze e nei canti. Le fosche maschere e poi il sangue, il vino rosso, le forze della natura domate dall’uomo. Ma soprattutto il buio inverno. Sorprendenti le analogie tra il capolavoro shakespeariano e i tipi e le maschere della Sardegna. La lingua sarda non limita la fruizione ma trasforma in canto ciò che in italiano rischierebbe di scadere in letteratura. Uno spazio scenico vuoto, attraversato dai corpi degli attori che disegnano luoghi e evocano presenze. Pietre, terra, ferro, sangue, positure di guerriero, residui di antiche civiltà nuragiche. Materia che non veicola significati, ma forze primordiali che agiscono su chi le riceve.

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