Sotto al cielo

La poetica del silenzio

Flavio Paolucci appartiene a quel novero d’artisti che persegue quella che il pittore Giuseppe Bolzani definiva come la scrittura perfetta della Natura.

Egli non la riproduce, non la traspone rendendola in una chiave realistica, ma, come un rabdomante, ne ripercorre le impronte, ne raccoglie le tracce minime, quali un ramo spezzato, un sasso su cui interviene incastonandovi, o, se vogliamo restare nel mondo contadino, innestandovi il proprio mondo formale, la propria immaginazione, quale gemma destinata alla crescita che si nutre dei sogni dando forma alla libertà dell’artefice. Egli svolge nell’opera la propria personalissima sintassi stilistica, nella quale il racconto di una vita, nella scultura fuso nel metallo, affiora con la leggerezza di una poetica silenziosa.

Così facendo, nell’ambito contemporaneo, egli è prossimo all’installazione in cui la scultura ha perso quelle fondamenta, che non solo ne sottolineavano l’immobilità, ma quel suo dogmatismo di natura formale, per essere sola, in Paolucci marcata dalla memoria anche attraverso quegli stilemi, tratti dall’universo del linguaggio formale del XX sec. in cui affiorano innumerevoli spunti che spaziano dal ready made dadaista, alle decontestualizzazioni surrealiste, alle suggestioni del segno di natura minimalista.

Come nelle opere su carta anche nella scultura tutto in questo mondo decantato è significante, sospeso in una dimensione rarefatta in cui nulla è di troppo.
Il percorso svolto è rimasto intimamente legato alla vocazione originaria di quell’attenzione al dato reale, propria dell’arte lombarda fin dall’alto medioevo, una vocazione già espressa nella sontuosa CHIOCCIA CON I PULCINI di Monza e che resta uno degli elementi identitari della nostra cultura prealpina.

Il silenzio, dunque, ed il tempo connotano quest’opera sospesa in una dimensione ideale cui gli spazi del Monumento sconsacrato del San Giovanni di Gnosca diventano un luogo privilegiato d’esposizione in quanto non la isolano in un ambito chiuso, quale quello museale o della galleria, ma la lasciano immersa in quello che è il suo contesto naturale, qui un ambiente scoperchiato, coi muri di sasso, con aperture romaniche sfondate, contenitore in cui alzando lo sguardo si riversa la straordinaria scenografia dei boschi e delle montagne circostanti. Manca dunque ogni chiusura e questo finisce per proiettare l’opera di Flavio Paolucci in quella stessa Natura da cui ha tratto origine in un gioco di rimandi continui che ci accompagna nella visita.

Viene in mente ciò che ha detto dell’arte Francis Picabia e cioè che nulla ci è più necessario del superfluo, che bella definizione dei doni che l’arte ci offre!

Paolo Blendinger, Torricella 18 marzo 2019

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Associazione Monumento San Giovanni Battista di Gnosca
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